INFERENZA E GIUDIZIO
Tre ricerche su Charles S. Peirce
di Giovanni Tuzet
3.2 L’articolazione ‘genetica’ del giudizio.
La distinzione fra quaestio facti e quaestio juris costituisce una scomposizione del giudizio di diritto, o meglio del processo che conduce al giudizio di diritto. Infatti le corrispondono delle effettive pratiche processuali e degli effettivi assetti istituzionali (basti pensare alla distinzione di common law fra le competenze della giuria e del giudice, ove la prima è competente dei fatti e il secondo del diritto). Ma la natura e la dinamica del giudizio può essere delineata ad un livello più basilare. La natura del giudizio è illustrata dalla tesi ontologica e dalla tesi aletica. La sua dinamica dalla tesi genetica (i cui termini comprendono d’altronde quanto rilevato dalle due tesi sulla natura del giudizio). D’altra parte, ricordiamo, la tesi genetica è debitrice del carattere processuale del giudizio di diritto.
Per la tesi ontologica, il giudizio presuppone un oggetto di giudizio, e la natura del giudizio sta nell’attribuire all’oggetto un certo carattere. In certo senso può dirsi che il giudizio è provocato da un oggetto che richiede una qualifica. Si vede così come il giudizio non possa non basarsi da un lato sullo statuto ontologico dell’oggetto e dall’altro sulle componenti cognitive e valutative della sua qualifica.
Per la tesi genetica, la dinamica del giudicare può essere articolata in tre momenti: l’ipotesi, la ricerca, il risultato:
(1) l’ipotesi attribuisce in via provvisoria e congetturale un carattere ad un oggetto (oggetto inteso in senso ampio, da comprendere un evento o uno stato di cose, o genericamente una ‘situazione’);
(2) la ricerca vaglia quanto supposto dall’ipotesi – giuridicamente, si tratta del giudizio come processo;
(3) il risultato attribuisce un valore di verità a quanto ipotizzato e quindi indagato – giuridicamente, il giudizio come sentenza.
La nostra tesi genetica sul giudizio ha sullo sfondo due concezioni filosofiche che cerchiamo di articolare. Per la prima il giudizio è l’attribuzione di un predicato ad un soggetto. Per la seconda è l’attribuzione di un valore di verità ad un enunciato (o ad un pensiero, o ad una credenza, a seconda degli autori).
La prima concezione, più tradizionale, ha un esempio celebre nella logica di Port Royal, secondo cui il giudizio è associazione o separazione di idee . La seconda è esposta nitidamente da Frege, per cui il giudizio è l’atto con cui si riconosce la verità di un pensiero . Se il giudizio per Frege è il riconoscimento della verità di un pensiero, la proposizione (C) ‘se Narsete ha rubato, dev’essere punito’ non è propriamente un giudizio, ma è un giudizio l’atto di approvazione di tale proposizione, o meglio l’atto con cui si riconosce un valore di verità al pensiero espresso da tale proposizione. Possiamo però articolare le due vedute, cioè le due concezioni del giudizio qui considerate: la proposizione condizionale (C) è un giudizio-ipotesi di natura complessa (scomponibile in due giudizi-ipotesi, portanti rispettivamente sulla protasi e sull’apodosi del condizionale), e l’atto di approvazione di (C) è l’enunciazione di un giudizio-risultato, anch’esso complesso.
In tal modo, la tesi ontologica e la tesi aletica trovano un riscontro nella dinamica delineata dalla tesi genetica: la tesi ontologica riguarda in particolare il primo momento di un giudizio, cioè l’attribuzione ipotetica di un predicato ad un soggetto, mentre la tesi aletica ne riguarda in particolare l’ultimo momento: la determinazione del valore di verità dell’ipotesi.