INFERENZA E GIUDIZIO
Tre ricerche su Charles S. Peirce
di Giovanni Tuzet

3. Il giudizio.

Il giudizio, nella sua complessità, costituisce il tema centrale della terza ricerca. A suo riguardo, si deve riscontrare un prolungato e diffuso silenzio. Il tema del giudizio in Peirce è stato trattato in maniera a dir poco marginale, e neppure può dirsi che abbia un ruolo centrale nella filosofia del novecento (da ricordare, nei primi decenni, la teoria del giudizio di Russell, discussa fra lo stesso Russell, Wittgenstein, Ramsey). Ciò che ci spinge a trattarne è la sua rilevanza filosofica e al contempo giuridica. Con ciò vorremmo articolare due distinte sensibilità, auspicando che i pregi dell’una non vengano taciuti dai difetti dell’altra.
Il giudizio in senso stretto, inteso come atto mentale, non richiede l’esplicitazione di un’inferenza di cui sia il risultato e che lo giustifichi. Il giudizio in senso giuridico la richiede (meno formalmente, richiede di essere argomentato). Ciò che vorremmo sostenere è che la prima concezione del giudizio è troppo stretta per rendere conto delle pratiche intersoggettive in cui il giudizio è rilevante, cioè delle pratiche in cui si richiede che di un giudizio vengano esplicitate le premesse, affinché il risultato ne sia controllabile, e affinché il giudizio renda responsabile chi lo pronuncia.
A tal fine, dal punto di vista logico, oltre alla relazione fra giudizio e inferenza, va esaminata con cura la relazione fra giudizio ed asserzione. Dal punto di vista ‘genetico’, cerchiamo di presentare una concezione del giudizio che lo articoli in tre momenti logicamente distinti: quello dell’ipotesi, quello della ricerca, quello del risultato. In certo senso, è una traduzione della natura processuale del giudizio giuridico, in cui alla formulazione del tema del giudizio segue la fase della probazione ed infine la sentenza. Ma è anche uno sviluppo di un’ipotesi suggerita da Peirce in CP 5.546 (c. 1908): il giudizio è qualcosa che matura.

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