INFERENZA E GIUDIZIO
Tre ricerche su Charles S. Peirce
di Giovanni Tuzet

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Les mots diversement rangés font un divers sens,
et les sens diversement rangés font différents effets
(Pascal)

Sommario

1. PROSPETTO DELLE RICERCHE.
2. L’ABDUZIONE.
3. IL GIUDIZIO.
3.1 Struttura logica del giudizio di diritto.
3.2 L’articolazione ‘genetica’ del giudizio.
3.3 Cognizione e valutazione.
3.4 Il giudizio fra epistemologia e normatività.
4. PRAGMATISMO E DIRITTO.

1. Prospetto delle ricerche.

I tre temi principali delle ricerche che compongono Inferenza e giudizio sono: (i) il principio pragmatista della significazione, (ii) l’inferenza abduttiva, (iii) il giudizio. Cosa accomuna questi temi? Perché in questo ordine? I primi due rinviano con evidenza all’opera di Charles Sanders Peirce (1839-1914), dalla cui riflessione filosofica prendono origine le concezioni che si diranno pragmatiste, e dal cui lavoro di logico è stato difeso, e diffuso alla filosofia del 1900, un terzo principio di inferenza oltre alla deduzione e all’induzione: l’abduzione. Il terzo tema è più difficilmente rintracciabile. Non è un tema centrale in Peirce. Ma in certo senso, ad esempio giuridico, è un tema estremamente ‘pragmatico’. Dunque, perché questi temi in questo ordine? Molto schematicamente potremmo rispondere così: non vi è senso senza verità, ma non vi è verità senza giudizio. Più in dettaglio, possiamo riassumere i nostri argomenti come segue.
Il senso della prima ricerca è quello di esporre una teoria della significazione che sia pragmatista e che abbia una valenza ontologica. Il senso di x, per la teoria esposta, è determinato dalle sue cause e dai suoi effetti. In tal modo, la relazione di significazione (il senso di x) si articola a certe relazioni reali (le relazioni per cui x ha delle cause e degli effetti). Una dimensione semantica si articola ad una dimensione ontologica. Così, essenzialmente, avviene in campo giuridico: un atto giuridicamente rilevante non ha alcun senso per se, ma ha il senso che è determinato dalle sue cause e dai suoi effetti. Semanticamente, quale sarebbe il senso di ciò che non ha alcuna causa o effetto? Ontologicamente, quale sarebbe quell’entità che esiste, o che è reale, e che non ha alcuna causa ed alcun effetto? Per indicare la connessione fra semantica ed ontologia si può considerare che queste domande non ammettono risposte divergenti: ciò che è privo di cause ed effetti non può avere alcun senso né statuto ontologico. Se possiamo determinare un’entità che ha almeno una causa o almeno un effetto, allora possiamo attribuirle un senso. Specularmente, quando possiamo attribuire un senso è perché l’entità cui ci riferiamo ha almeno una causa o almeno un effetto.
Ma non si può dimenticare che cause ed effetti sono determinabili secondo processi cognitivi e pratiche di ricerca, la cui influenza non può essere sottovalutata. Intendiamo dire che un approccio ‘ontologista’ peccherebbe di ingenuità o di superbia se pretendesse rendere conto del reale senza rendere conto della dimensione epistemica in cui il reale è indagato. I nostri processi cognitivi non sono, per così dire, pellicole trasparenti che rivestono la sostanza ontologica. Vi è un’interazione cognitiva che cerchiamo di delineare richiamando la semiotica di Peirce e gli scritti che ne costituiscono la teoria della conoscenza. Ma soprattutto, nella seconda ricerca, cerchiamo di richiamare la dimensione logica ed inferenziale con cui procede la cognizione. Un’attenzione particolare è dedicata all’abduzione, che è l’inferenza capace di risalire dagli effetti alle cause, ed è la prima inferenza secondo l’ordine metodologico tracciato da Peirce: l’abduzione formula un’ipotesi, la deduzione trae le concepibili conseguenze dell’ipotesi, l’induzione verifica sperimentalmente tali conseguenze. Ora, se vi è un concetto fondamentale sotteso alle pratiche cognitive ed inferenziali, è il concetto di verità. L’analisi dei processi cognitivi non saprebbe avere senso se non potessimo distinguere fra credenze vere e false. L’analisi dei processi inferenziali non saprebbe avere senso se non potessimo distinguere fra conclusioni vere e conclusioni false. L’analisi dell’interazione pragmatica fra parlanti non saprebbe avere senso se non potessimo distinguere fra asserzioni vere e false.
Ma la verità è determinata secondo il nostro giudizio, o meglio si predica di credenze, proposizioni o enunciati, e l’atto con cui la si predica è il giudizio. Prima di considerare il rapporto fra giudizio e verità deve però considerarsi la seguente tesi ontologica sul giudizio. È una delle tre tesi sul giudizio che esponiamo nella terza ricerca. La tesi che chiamiamo ontologica riguarda il contenuto di un atto di giudizio, cioè l’oggetto di giudizio. Il punto focale è che in termini logici il giudizio è propriamente l’attribuzione di un predicato ad un soggetto e non di un soggetto a un predicato (ossia determina la connotazione di un soggetto e non la denotazione di un predicato). Ontologicamente, il giudizio è dovuto a proposito di un oggetto di giudizio e non intorno ad un carattere o ad una qualità di cui si vogliano determinare le istanze. (In termini semiotici, potremmo considerarla una tesi indessicale sul giudizio). Vi è un oggetto da giudicare, anche qualora, come sembra opportuno, si intenda l’espressione ‘oggetto di giudizio’ in senso molto ampio, così da comprendervi un evento o uno stato di cose.
Questa tesi ontologica sul giudizio ha un indubbio debito verso la pratica del giudizio di diritto: il giudizio di diritto non segue (o almeno non segue direttamente) una domanda come

(i) Quali soggetti istanziano la colpevolezza per furto?

ma una domanda come

(ii) Narsete è colpevole di questo furto?

La tesi ontologica deve essere articolata ad una seconda tesi concernente la relazione fra giudizio e verità. Chiamiamo aletica questa seconda tesi. La tesi aletica considera il giudizio come l’attribuzione di un valore di verità ad una proposizione. Rispetto a (ii), il giudizio è espresso da asserzioni come

(iii) Narsete è colpevole di questo furto
(iv) Narsete non è colpevole di questo furto.

Nel senso di questa seconda tesi, verrà evidenziato il carattere pubblico del giudizio di diritto, e con ciò la responsabilità che esso suscita, sulla base della sua stretta relazione con l’asserzione che lo esprime.
I due sensi in cui le dette tesi considerano il giudizio non sono estranei ad un’ulteriore prospettiva da cui il giudizio può essere osservato: quella della distinzione dei suoi momenti – (o fasi se si considera una pratica di giudizio molto complessa come è il giudizio di diritto, al di fuori della quale i momenti saranno da intendere come frutto di una scomposizione logica del giudizio più che di un’osservazione empirica degli atti di giudizio). Chiamiamo genetica la tesi che considera il giudizio in relazione ai suoi momenti. Questa tesi vorrebbe rendere conto della dimensione temporale e riflessiva del giudizio, e delle sue componenti, congetturale, osservativa e valutativa. Secondo la tesi genetica, possono distinguersi tre momenti essenziali del giudizio: (1) la determinazione di un’ipotesi, (2) la ricerca in relazione a tale ipotesi e (3) il risultato della ricerca. Ora, in relazione alle precedenti tesi, il giudizio nel senso ontologico dell’attribuzione di un predicato ad un soggetto è prefigurato in (1) e trova la sua determinazione aletica in (3).
Riassumendo. Una teoria della significazione in termini di cause ed effetti non può prescindere da una metodologia di determinazione della verità. Ora, nella metodologia della ricerca secondo Peirce, l’abduzione è il primo passo logico per la determinazione del vero. Ma la verità si predica di credenze ed enunciati. L’atto con cui è predicata la verità è il giudizio. Sono argomentate tre tesi sul giudizio: una prima chiamata ontologica, una seconda chiamata aletica, una terza chiamata genetica. Per la prima, ontologica, il giudizio è l’attribuzione di un carattere ad un oggetto. Per la seconda, aletica, è l’attribuzione di un valore di verità. Per la terza, genetica, è un’articolazione di momenti. Sono indicate le connessioni fra le tre tesi.
Di seguito, approfondiamo alcuni punti specifici trattati nelle ricerche e alcune chiavi di lettura del loro sviluppo.

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