MEMORIE E PROMESSE
di Andrea Favaro
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Dal memento mori al memento audere semper, l’intera esperienza dell’umano è inverata nel sempiterno collegamento che menti e volontà auspicano tra le speranze (delle azioni) future e le memorie del presente (già) passato. Difatti, quanto la persona sperimenta nel pulsare quotidiano delle vicende (individuali, sociali, politiche) è il frutto (finanche inconsapevole) di scelte che le hanno precedute e che talvolta impongono un collegamento tra queste e quelle che verranno, passo dopo passo. Peraltro le vicende da ricordare del passato, come ammoniscono i memento citati, sono il bagaglio di insegnamenti che la vita può anche oggi offrire per il futuro e per la condotta del presente. Ecco perché non pare banale assumere anche dal recente passato un mandato da portare innanzi quasi fosse una tappa (senz’altro personale nella conduzioni, e quindi soggettiva) di una staffetta che comprende noi ma procedo prima e oltre il nostro limite. Lo si sperimenta nella famiglia, nella società, in politica, e pure nell’avvicendarsi di magisteri e ricerche dove sempre è cosa onesta riconoscere il proprio debitum e così palesarsi come vedette che meglio sono in grado di scorgere gioie e speranze dell’orizzonte perché site sulle spalle di chi li ha preceduti (Scerbo, Cossutta). Spalle che, a loro volta, han vissuto in un contesto di condivisione di idee, proposte, discussioni pure per giungere al fine dell’equilibrio riconosciuto nel giusto metafisicamente fondato (Romano, Lamas). E quando l’equilibrio non veniva immediatamente riconosciuto nel contesto giuridico-politico in cui la discussione era inserita, anche perché troppo spesso avviluppato in dinamiche teoriche dove il dato positivo della norma correva il rischio imperituro di prevalere su ogni altro elemento, persona compresa, abbisognava di un avvicinamento costante e raffinato di lettura del dato politico pure nel rapporto tra privati, oggi condizionato oltremodo dalla presenza del pubblico. Ed ecco che tramite il lavorio incessante delle sinapsi proprie di chi tenta di riconoscere il vero, le teoresi anche distanti possono stimarsi vicendevolmente e infine riunirsi nell’alveo mai troppo colmo della sapienza giuridica (Perlingieri).