MECCANIZZARE IL GIUDIZIO PER CONSEGUIRE CERTEZZA DEL DIRITTO.
Considerazioni intorno alla possibilità di percorrere tale itinerario
di Marco cossutta

7. Una conclusione aperta.

Solcare acriticamente la prospettiva illuministica della centralità delle disposizioni legislative, quasi che nella legge si estrinsechi tutta l’esperienza giuridica e ciò che dalla legge si dirami non possa che esservi legato da inferenza deduttiva, quindi, non possa aggiungersi nulla che non sia già presente in essa (il che significa porre la legge come premessa somma, fin anco sacra, di un ragionamento deduttivo, che in quanto tale non può offrire conclusioni il cui contenuto non sia già compreso nella premessa, necessità degli argomenti deduttivi che si tramuta in certezza del diritto), significa anteporre la legge al processo, ritenere che nella lettera della legge di esaurisca il diritto.
In definitiva, pare che un approccio alla questione della determinazione della pena appoggiato esclusivamente sulla razionalità analitica, propria delle tecniche giurimetriche, non permetta il dispiegarsi nel ragionamento del giudice di merito, di valutazioni più legate all’intuizione che alla deduzione, valutazione che, alla luce della giurisprudenza della Cassazione, appaiono necessarie al fine di infliggere una "pena congrua", una pena, che, come sottolinea la Corte Costituzionale, non finisca per strumentalizzare la persona umana. Lo stesso dicasi per l’interpretazione del contratto, codicisticamente sottratto alla pura deduzione.
Alla luce di quanto sopra esposto non pare che il sistema informatico sia in grado di simulare una decisione autenticamente giuridica; non essendo possibile riprodurre il ragionamento proprio al costituirsi del processo, che porta al riconoscimento del diritto, ovvero il ragionamento dialettico, sotto forma di algoritmo; il ragionamento apodittico, forse, ma l’esatto in sé non è oggetto del discorso giuridico.
A questa pretesa si oppone una concezione del diritto, la quale, fra l’altro, ci pare propria all’ordinamento giuridico, che riconosce come nella legge non si esaurisca il diritto; il diritto allora appare quale risultante dell’esperienza giuridica, del procedere della regola, della regolarità e del giudizio finalizzate ad indicare, come indica Enrico Opocher , "quotidiane verità degli accadimenti, ciò che è avvenuto, che avviene e che potrà avvenire, nella vicende degli uomini e, dunque, della loro storia […] Il criterio di far valere in cui si risolve il diritto è, dunque, quello della verità o, che è lo stesso, della conformità all’ordine oggettivo degli accadimenti ed in ciò consiste la giustizia giuridica".
Non pare fuorviante proporre un indicazione proveniente dal mondo letterario a chiusura di questo itinerario che, partendo dalla certezza del diritto, ci ha condotti al computer.
Un demone , discutendo con un meticoloso studioso del Talmud, oppresso, alla fine della sua vita, dalla coscienza dell’impossibilità di capire il mondo con la sua scienza, afferma:
"Come puoi gustare il sapore del sale col naso, il profumo del balsamo con l’orecchio e il suono del violino con la lingua, così non puoi afferrare il mondo con la ragione."
"Con che cosa allora?"
"Con le passioni… almeno in parte."

Pages 1 2 3 4 5 6