AUTODISCIPLINA E LEGGE NEL NUOVO DIRITTO DELL’ECONOMIA
di Lucio Franzese
9. Autonomia soggettiva e codici di autoregolamentazione.
La ridefinizione dei rapporti tra il singolo e le istituzioni, nel senso di riconoscere che esse sono deputate a sostenere l’operato individuale e non a conferirgli dall’alto la patente di legittimità, è imposta anche dall’esperienza dei codici di autoregolamentazione. Essi costituiscono una figura saliente dei nostri tempi, in quanto sempre più di frequente gli individui, e in primo luogo gli operatori economici tramite le loro associazioni di categoria, elaborano dei canoni cui si adeguano nell’esercizio delle loro attività, predisponendo altresì degli organismi che vigilano sulla loro osservanza.
Paradigmatico risulta essere il codice di autodisciplina pubblicitaria. Adottato a metà degli anni Sessanta dalle imprese del settore pubblicitario che in tal modo individuavano i limiti di correttezza del proprio agire professionale e li munivano di meccanismi sanzionatori affidati ad un giurì per il caso della loro violazione, il codice a lungo ha rappresentato l’unico presidio contro gli inganni perpetrati nell’ambito della pubblicità commerciale. Solo di recente, infatti, la legge ha disposto la competenza in materia dell’Antitrust, che in tal modo viene a concorrere con il sistema autodisciplinare alla repressione della pubblicità ingannevole.
Da ultimo si è imposto all’attenzione il codice di autoregolamentazione delle società quotate in Borsa, redatto nel 1999 dal Comitato per la corporate governance delle società quotate, cui in quest’ultimo anno si è posto mano per le integrazioni che si sono rese necessarie alla luce delle gravi vicende d’infedeltà contabile verificatesi soprattutto al di là dell’Atlantico. Il codice si inserisce nelle fonti regolative del mercato mobiliare, in origine retto da un apposito ente pubblico e oggi disciplinato dalla Borsa Italiana SpA che, secondo un modello di self regulation, provvede ad amministrare le operazioni finanziarie che si svolgono in Piazza Affari. Il controllo gestionale viene invece esercitato da un organismo pubblico, la Consob, che a tal fine emana dei regolamenti, divenuti nel tempo sempre meno prescrittivi in modo da far spazio all’azione e alla responsabilità degli stessi operatori di Borsa.
Accanto a questi e ai tanti altri esempi di autoregolamentazione nel settore economico che potrebbero essere fatti, vi sono i processi autodisciplinari che si sono sviluppati nel campo urbanistico, in quello dell’informazione, nel mondo sportivo e nella deontologia professionale, palesando un diffuso bisogno della società civile di provvedere da sé all’ordinamento giuridico delle relazioni che in essa si svolgono. I meccanismi di autoregolazione costituiscono, invero, un fenomeno "che non è destinato ad esaurirsi nella sua dimensione etica, nella enunciazione e nella spontanea attuazione di buoni propositi", rappresentando l’espressione ordinamento "il risultato di una elaborazione che mira a conferire ordine nelle relazioni intersoggettive in vista di finalità comuni, garantendo coerenza, stabilità o almeno prevedibilità alle condotte" [CRISCUOLO 2000].
Diffuso è, però, l’orientamento che ravvisa nell’attività autodisciplinare la mera attuazione dei precetti statali, al punto che parlare di autoregolamentazione "sarebbe fuorviante se non addirittura sbagliato", in quanto ai singoli e alle loro associazioni rappresentative spetterebbe semplicemente di "dare un contenuto operativo e pratico alle indicazioni programmatiche della regolamentazione" pubblica [MINERVINI-ONADO 2000]. In realtà l’autoregolamento, essendo il prodotto dell’autonomia soggettiva che è di per sé dinamica e relazionale e quindi aperta all’altro, si innerva in una trama di rapporti che lo sostengono, lo controllano, giungendo ad integrarlo qualora appaia inadeguato a conseguire l’equilibrio degli interessi in gioco, tale cioè da consentire la comunicazione tra i soggetti che a mezzo di esso intendono relazionarsi. Le istituzioni, pertanto, favoriscono l’autoregolazione in quanto promuovono processi normativi in cui vi è identità tra il soggetto ordinante e quello ordinato. Il legislatore, in particolare, stimola il singolo a fare da sé, ad esplicare la sua dignità di soggetto capace di autodisciplinarsi anche nella dimensione sociale, tenendo cioè presenti gli effetti del proprio agire sulla vita della comunità di appartenenza. Sicchè l’intervento correttivo è finalizzato ad impedire quegli eccessi derivanti, per dirla ancora con Platone, dal prevalere nel singolo della sua parte peggiore su quella migliore, i quali mettono in pericolo il perseguimento del bene comune, quel bene che consente ai consociati di stare insieme e di svilupparsi senza sacrificio per le specificità di ognuno. Così come l’intervento istituzionale volto ad integrare il regolamento negoziale risultato insufficiente, in quanto non tiene nella giusta considerazione la ricaduta dell’operato individuale sulle esigenze del settore, globalmente considerato, cui esso si riferisce, aiuta la parte migliore dell’uomo ad avere la meglio su quella peggiore, mettendo il singolo nella condizione di poter contribuire all’ordinamento delle relazioni societarie.
Significative sono al riguardo la legge sulla tutela dei dati personali e quella sull’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici. In esse si stabilisce che le rispettive autorità di settore, il Garante della privacy e la Commissione per l’attuazione del diritto di sciopero, promuovono l’adozione di codici di condotta da parte delle associazioni di categoria. Pertanto nel momento in cui si istituiscono le Authorities, viene attribuito loro il compito di perseguire l’autonoma regolazione dei soggetti esponenziali delle comunità che dovranno poi prestare ossequio alla disciplina stessa. Alle Autorità spetta poi di vigilare per intervenire nel caso di degenerazioni, di violazione cioè dei doveri intrinseci alla funzione di autoregolazione, che non può prescindere dalla considerazione di tutto quanto è necessario all’instaurazione di una vita equilibrata della comunità integralmente considerata.
Così facendo si agevola il formarsi di un diritto endogeno, espressivo e non distorsivo della natura delle cose, cioè della logica interna al settore che, grazie agli impulsi e ai controlli delle istituzioni, viene ad autoregolarsi. Diversamente accade nel caso di una disciplina eteronoma, imposta sul presupposto che i singoli siano incapaci di relazionarsi a prescindere dall’intervento pubblico, quale fattore esclusivo di ordine delle relazioni intersoggettive.