AUTODISCIPLINA E LEGGE NEL NUOVO DIRITTO DELL’ECONOMIA
di Lucio Franzese
8. Scambi senza accordo e mercato senza soggetti
Scambi senza accordo è il titolo eloquente di un saggio in cui Natalino Irti [1998 b], avuto riguardo al modo come è praticato il contratto nel mondo economico contemporaneo, e cioè alle forme assunte dalla circolazione giuridica di beni e servizi per effetto delle innovazioni tecnologiche e delle esigenze del capitalismo nell’era informatica, teorizza il superamento del contratto inteso come autoregolamento, disciplina cioè promanante dalle stesse parti che sono tenute ad osservarla.
La contrattazione di massa, che si realizza mediante la predisposizione unilaterale di formulari e di condizioni generali, oppure a mezzo della televisione e di internet, ovvero con l’asporto delle merci esposte nei grandi centri commerciali, avrebbe definitivamente relegato l’idea dell’ autonomia soggettiva tra le ideologie o le nostalgie di quanti si ostinano a scorgere negoziazioni e accordi laddove vi sarebbero soltanto gesti meccanici e ripetitivi di folle solitarie e incomunicanti di consumatori. Sarebbe venuta meno, dunque, la prerogativa del singolo di porre ordine nella vita degli affari con l’adozione negoziata dei precetti che presiedono ai propri scambi economici. E l’interprete sarebbe astretto all’alternativa concettuale tra il ravvisare contratti senza accordi o giustapposizioni di unilaterali e solipsistiche decisioni dispositive.
La reazione non si è fatta attendere. Giorgio Oppo ha puntualmente colto nella "disumanizzazione" del contratto il pericolo cui espone quest’ordine di idee [OPPO 1999]. Irti ha replicato che compito del giurista non è già la difesa dei valori umani, bensì "descrivere i fenomeni, quando accadono e come accadono, scoprendone l’intima logica e le potenze dominanti"; e, nel caso di specie, l’analisi descrittiva rivelerebbe, appunto, "che gli scambi di massa si svolgono senza accordi"[IRTI 1999a].
A noi sembra che la messa tra parentesi del protagonista delle operazioni commerciali, attuata attraverso la sublimazione del loro oggetto, in quanto per Irti "le parti (o una di esse) sono escluse dalla conformazione del rapporto" manifestando soltanto "un’intenzione reale, intenzione cioè orientata e consumata verso la res nel suo essere fisico o nella sua immagine"[IRTI, 1998b], sia un modo di intendere il fenomeno commerciale che non consente di distinguere negli accadimenti quanto è necessario e quindi essenziale da ciò che invece è soltanto epifenomenico o, addirittura, patologico.
"Dove la parola si spegne e l’uomo tace -scrive il nostro Autore- gli scambi si moltiplicano senza fine, e conquistano un supremo grado di razionale calcolabilità". Ciò significa, se ben comprendiamo, che l’ordine delle relazioni economiche esige che esse siano amputate di ogni riferimento al soggetto agente, in quanto l’elemento soggettivo, secondo Irti, "suscita attriti e incrinature, determina sperperi e inefficienze". Garantire sicurezza e celerità alle operazioni commerciali significa, pertanto, vincerne l’indeterminatezza e la precarietà derivante dalla ineffabilità della condotta umana, tenerle cioè indenni dal soggettivismo individuale.
Sicchè, Irti nega la natura autoregolamentare del contratto, di atto con cui due o più parti, stabilendo la misura di diritti e obblighi reciproci, riconoscono il proprio di ciascuna nell’ambito consensualmente definito. Ne fa una figura che, sciolta da ogni collegamento al modo in cui il singolo disciplina autonomamente i propri rapporti, è creata in vitro dal legislatore e può essere soltanto riprodotta dalle parti qualora intendano conseguire gli effetti giuridici che la legge vi riconnette. Ma ciò significa negare il contratto in quanto tale, operarne una dissoluzione statalistica, in quanto esso non sarebbe più lo strumento dell’innovazione giuridica originata dalla capacità delle parti di determinare le ragioni di scambio dei beni della vita, bensì mera replica degli schemi preordinati dal titolare del potere per incanalare le energie di soggetti inetti a perseguire in modo autonomo i propri interessi.
"C’è, nei luoghi degli scambi silenziosi, una sorta di meccanica ritualità, di spersonalizzante ripetività, che annulla qualsiasi attrito psicologico e volontaristico", afferma Irti riferendosi alle sedicenti operazioni negoziali di quello che, con un ossimoro, potremmo chiamare l’automa umano. Nella prospettiva che egli patrocina, infatti, il contratto non è più l’espressione peculiare dell’attitudine soggettiva a relazionarsi con l’altro, scambiando i beni e i servizi di cui si ha reciproco bisogno, per tal modo addivenendo ad un comune regolamento che è riconosciuto e sanzionato dalla legge ove ne ravvisi un assetto equilibrato degli interessi in gioco. E’ soltanto un congegno che consente il superamento degli inconvenienti derivanti dagli umorali comportamenti degli individui, mediante l’instaurazione di un ordine eteronomo ed artificiale delle relazioni intersoggettive. Per il contratto sarebbe dunque predicabile quanto di recente è stato ribadito a proposito del negozio giuridico: "Fatto giuridico tra i fatti giuridici, fattispecie tra le fattispecie"[FALZEA 1996].
Con l’enucleazione della figura degli scambi senza accordo, a ben vedere, Irti porta a compimento un suo preciso disegno scientifico, mirante ad escludere nel singolo ogni capacità ordinatrice dei rapporti di cui egli è parte, per ridurlo a mero centro d’imputazione di obblighi e poteri astrattamente previsti dalla legge, di cui la prospettazione del negozio giuridico come categoria avente valore soltanto storiografico è stato un significativo passaggio intermedio. Al c.d. soggetto di diritto spetterebbe solamente dare attuazione al dettato legislativo al fine di conseguire gli effetti giuridici convenzionalmente predeterminati dal nomoteta. Di qui la centralità, nella sua elaborazione dottrinale, della nozione di fattispecie quale figura riassuntiva e costitutiva del fenomeno giuridico, idonea a predire l’ordinamento delle relazioni intersoggettive mediante l’indicazione degli effetti giuridici che conseguono agli accadimenti umani così come disegnati da colui che è in grado di imporre la propria volontà su quella dei consociati. "Letteralmente fattispecie vuol dire immagine del fatto, quasi a significare una trasfigurazione della realtà nel passaggio dalla natura al diritto"[RESCIGNO 1997], e difatti, nella prospettiva di Irti, solo la possibilità di ridurre la situazione reale della vita all’ordine convenzionale della norma consentirebbe il superamento del disordine intrinseco alle relazioni intersoggettive. "Il singolo accordo -osserva l’Autore- immaginato in un luogo privo di norme, non può generare una norma, che lo vincoli a se stesso; che, ponendosi all’esterno della volontà delle parti, a queste prescriva di osservarlo ed eseguirlo. L’accordo rimane affidato all’esclusiva volontà degli autori, i quali come lo strinsero così possono romperlo e trasgredirlo"[IRTI 1999b].
Sullo sfondo di questo disconoscimento del valore dell’autonomia contrattuale si staglia minaccioso un ordinamento giuridico delle relazioni degli operatori economici che prescinde dal contributo dagli stessi, anzi lo reputa pregiudizievole, e che per ciò si adopera per antagonizzarne gli effetti. Invero, nell’ottica della geometria legale, che sembra accolta da Irti stesso, "la più assoluta e rigorosa obiettivazione giuridica dell’azione o contegno dell’uomo consiste nella depurazione di questo da ogni elemento soggettivo, consiste nella sua più assoluta e rigorosa desoggettivazione o, come sarebbe preferibile di dire, nella sua spersonalizzazione"[GENTILE 2001]. Con il diritto, infatti, ci si garantisce dalla quella soggettività che, per il teorico degli scambi senza accordi, come si è visto, "suscita attriti e incrinature, determina sperperi e inefficienze", secondo un ordine di idee del tutto affine a quello che ha condotto i geometri del diritto a rappresentare la legge come unico fattore di ordine delle relazioni intersoggettive.
All’annichilimento dell’autonomia contrattuale nella decisione potestativa contenuta nella norma statale si può obiettare che, teoreticamente, come ebbe già a rilevare De Giovanni a proposito delle ricostruzioni normativistiche del negozio giuridico, vi è "pur sempre un residuo irriducibile alla logica del fatto"[DE GIOVANNI 1958], all’idea cioè di fattispecie cui la legge riannoda sovranamente gli effetti costitutivi dell’ordine giuridico. Difatti è l’autonomia soggettiva, l’attitudine cioè del singolo a vincere gli appetiti e le pulsioni del momento per comportarsi correttamente, a consentire l’ordinato svolgersi delle relazioni tra i soggetti, ed è su di essa che fa leva il processo di ordinamento giuridico nel suo individuare quanto è opportuno, conveniente, necessario per la vita dell’associazione civile. Così come dal punto di vista della prassi, alla riduzione positivistica del contratto, al suo rattrappirsi nel sistema posto dal potere sovrano, si oppone l’esperienza comune del "rigoglioso e confortante proliferare di nuovi tipi, che mai come ora sembrano capaci di arricchire l’area contrattuale di contenuti e funzioni"[BENEDETTI 1999]. Nella elaborazione di nuovi tipi contrattuali, che non sono il mero prodotto della innovazione predisposta dall’astratta volontà legislativa, si manifesta infatti l’altro profilo nel quale abbiamo visto estrinsecarsi l’autonomia soggettiva, la capacità cioè di dare regole ai propri rapporti che, ove riconosciute funzionali all’equo contemperamento degli interessi coinvolti, ricevono tutela e sanzione da parte della legge, al limite previa integrazione qualora appaiano insufficienti al corretto svolgersi dei rapporti. Questo perché il diritto non presta "il suo appoggio all’autonomia privata per l’appagamento di ogni interesse che essa persegua, ma, prima di riconoscerne i vari atteggiamenti con la propria sanzione, li sottopone ad un processo di tipizzazione e valuta la funzione pratica che ne caratterizza ciascun tipo in accordo con la socialità del suo compito d’ordine, che di fronte a quell’autonomia è anche un compito educativo e preventivo, sanzionatorio e direttivo della condotta"[BETTI 1957].