AUTODISCIPLINA E LEGGE NEL NUOVO DIRITTO DELL’ECONOMIA
di Lucio Franzese

5. L’ortopedia legislativa.

"Pretendere che un sistema di interessi assunti nella loro materiale effettualità si sottragga a un processo di qualificazione giuridica svolto in funzione degli indici, oggettivi e soggettivi, che caratterizzano l’integralità del sistema, significa negare ogni ruolo alla riflessione giuridica, renderla passivo riflesso dei rapporti di forza, omologare la razionalità e l’eticità del diritto alla genericità di una prassi che si tratterebbe semplicemente di registrare"[LIPARI 1998]. E’ questo il monito che Nicolò Lipari formula in tema di rapporti tra ordinamento economico e ordinamento giuridico, soprattutto per il momento attuale in cui sarebbe "difficile ricondurre l’interesse del consumatore, nella banalità e ripetitività di gesti indotti, alla razionalità di un’azione valutabile secondo parametri di valore". Sicchè viene negata la matrice negoziale dello statuto giuridico del mercato, contestandosi la bontà delle prassi in esso vigenti che, figlie dei potentati economici, andrebbero assoggettate al vaglio del sistema normativo quale unico antidoto alla casualità e all’arbitrio propri delle relazioni economiche. Solo i comportamenti degli operatori conformi all’insieme delle prescrizioni normative, invero, esibirebbero un assetto conveniente e potrebbero essere ritenuti giuridicamente rilevanti.
Quanta differenza tra questa rivendicazione di una funzione meramente qualificatoria del sapere giuridico e l’orgogliosa esclamazione "tornano di scena i giuristi" in cui prorompe Galgano per l’opera svolta dall’Istituto internazionale per l’unificazione del diritto privato nei confronti di quel diritto di origine spontanea, frutto cioè dell’autonomia soggettiva, qual è la nuova lex mercatoria. I Principi dei contratti commerciali internazionali -osserva il civilista bolognese- costituiscono un "nuovo Digesto", la fonte di cognizione del diritto prodotto autonomamente dagli operatori dell’economia internazionale, dopo che esso ha ricevuto il "filtro culturale" di Unidroit, "che lo rimodella secondo i principi generali, nella ricerca del giusto punto di equilibrio fra gli opposti interessi in gioco, fra le ragioni dell’impresa e le esigenze di protezione del contraente debole (degna di nota, sotto questo aspetto, conclude l’Autore, è l’accurata disciplina della Gross disparity)"[GALGANO 2000].
Nella prima prospettiva la riflessione giuridica è al servizio del potere, in quanto si limita a dichiarare valide le operazioni commerciali predeterminate da quel volere che essa ha edificato in sistema sull’assunto che è giuridico tutto ciò che promana dal sovrano. Nella seconda, invece, è chiamata a sostenere gli agenti economici nella predisposizione di regolamenti negoziali che, riconoscendo il proprio di ciascuno di essi, facilitano la comunicazione intersoggettiva. In questo modo si prende atto del valore dell’autonomia nella sfera giuridica, cioè l’autodeterminazione di cui è capace la persona umana, ma si è consapevoli delle degenerazioni che possono verificarsi per i condizionamenti esercitati dagli impulsi e appetiti soggettivi. Scolari di Platone, infatti, si è edotti che "nella stessa anima di ciascun uomo vi sono due aspetti, uno migliore, uno peggiore. E quando la parte per natura migliore ha il dominio sulla peggiore, ecco l’espressione essere signore di sé e suona lode; quando invece, per colpa di una cattiva educazione o di non buona compagnia, la parte migliore, ma più debole, è vinta dalla peggiore, più forte, allora chi si trova in questa situazione è detto di sé schiavo e suona biasimo e rimprovero"[PLATONE]. Di qui la necessità di aiutare la parte migliore dell’uomo a prevalere su quella peggiore in modo che il singolo sia in grado di ordinare da sé le relazioni cui prende parte.
Il non essere padrone di sé, per l’assolutizzazione ad esempio della ricerca del profitto personale, conduce a non rispettare la parola data in caso di mutamento dei propri interessi e a instaurare dei rapporti del tutto asimmetrici, dei patti leonini. Ciò giustifica, anzi impone, l’ortopedia degli stessi da parte delle istituzioni. Oltre ad emendare il regolamento d’interessi, vulnerato dallo squilibrio fra le posizioni delle parti, si tratta di porre quest’ultime in grado di riappropriarsi della bussola del proprio agire negoziale: il soggetto che ha subito l’atto sperequato, che non ha potuto liberamente determinarsi; colui che ha imposto la propria volontà, e così facendo non ha gestito correttamente i propri affari, non riconoscendo gli altrui interessi. Vale infatti ricordare che, secondo l’etimo, ortopedia nasce dall’unione di due parole: orthos ‘diritto, retto’ e paideia ‘educazione’ [DEVOTO-OLI 1990].
L’ausilio fornito alle parti contraenti tende a facilitare l’affermarsi di un’attività negoziale improntata alla regolazione dialettica degli interessi in gioco, mediante l’individuazione di ciò che accomuna e di ciò che diversifica le parti, in modo che la comunicazione contrattuale non si realizzi a scapito delle specificità di ognuna. Mira a stimolare la regolarità dei soggetti economici, la loro tendenza a una condotta disciplinata, che si manifesta nell’assunzione di impegni con i quali essi si obbligano in modo serio e durevole. Si interviene, insomma, affinché ciascuno possa perseguire l’ordine nelle proprie cose, autoregolandosi e prestando ossequio alla parola scambiata. Ne consegue la necessità di correggere e integrare per l’esistenza di insufficienze nell’operato individuale.
E’ comunque un intervento fisiologico, radicandosi nella regolarità umana che chiede di essere sostenuta in caso di impasse che le impedisce di dispiegarsi compiutamente. In questo modo operando nei confronti della persona umana quella che Coccopalmerio [1993] definisce la diakonìa del diritto.

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